Dopo il vertice europeo, l’approvazione della riforma del mercato del lavoro
e a distanza di un mese dall’assemblea di Banca d’Italia, le imprese italiane
navigano ancora a vista senza il supporto del sistema bancario, che negli ultimi
mesi è definitivamente svanito.
Ripercorrendo i passaggi chiave della relazione del 31 maggio del
governatore Visco, notiamo con chiarezza la posizione del sistema che cerca di
allinearsi ai key performance indicators
europei, spesso non tenendo conto del sistema Italia e dei comportamenti
precedenti degli istituti bancari.
Nello pieghe della relazione, oltre al
riscontro di una diminuzione della raccolta bancaria e di un aumento delle
sofferenze, degli incagli, dello scaduto e delle ristrutturazioni, il passaggio
relativo ai finanziamenti inferiori ai 12 mesi sembra essere stato accolto
totalmente dal mondo bancario:
“In Italia il 38% dei prestiti alle aziende ha durata non superiore ai 12 mesi; la quota è del 18% in Germania ed in Francia, del 24% della media dell’area dell’euro. La maggiore dipendenza dal debito a breve termine espone le imprese italiane a rischi più elevati di rifinanziamento, restringe l’orizzonte temporale degli investimenti. Nel nostro Paese, oltre la metà degli affidamenti a breve termine è costituita da affidamenti in conto corrente.”.
Gli effetti di questa indicazione si stanno acuendo in queste settimane.
Numerose aziende affrontano il rinnovo degli affidamenti ed i tagli si abbattono
come una scure. Purtroppo una buona parte di queste imprese ha impegnato oltre
modo il breve termine per sostenere l’allungamento dei termini di incasso, oppure
mancati pagamenti. Di fronte a questa urgenza il sistema bancario non concede
sconti, ma richiede rientri con sforzi non sostenibili, senza comprendere che
ridurre gli affidamenti a breve non può significare eliminarne buona parte
senza ricorrere al medio lungo oppure a piani sostenibili. In questo sottile
passaggio le banche hanno abbandonato le PMI italiane. Il medio lungo è un impegno
verso cui gli istituti finanziari non vogliono orientarsi, a meno che si tratti
di ristrutturazione del debito cui non possono sottrarsi.
Con molta franchezza fino al terzo trimestre del 2008 le banche hanno
concesso affidamenti e finanziamenti con evidente facilità e senza considerare
i tradizionali ratios di
sostenibilità e di capacità di rimborso, sostituendoli con le sole garanzie. Se
in precedenza le concessioni sono state eccessive, oggi le strategie creditizie
sono estremamente rigide, senza discriminazione alcuna. Sembra quasi che vi sia
un obiettivo da raggiungere in dodici mesi, riequilibrando il sistema a
discapito degli imprenditori. E’ pur vero che i tempi medi di incasso e di pagamento
delle aziende italiane deve essere ricondotti a livelli europei, è pur vero che
la bassa patrimonializzazione delle imprese deve essere superata, ma non lo si può
fare in dodici mesi concedendo il solo strumento della moratoria su
finanziamenti e richiedendo immissioni di capitale proprio, spesso non
disponibile.
Di fronte a questi seri problemi dove le imprese si battono tutti i
giorni, un risultato ottenuto a livello europeo non produce nessun effetto;
tanto meno effetti positivi vengono prodotti dalla nuova riforma del mercato
del lavoro, che di fatto rende solo meno flessibili le forme di accesso.
Ne consegue che in questa delicatissima fase le banche debbono tornare
in parte al loro vecchio ruolo; purtroppo hanno abdicato con la complicità di
chi governa.
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